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Dati macroeconomici sotto le attese

Dati macroeconomici sotto le atteseFebbraio 2014. Nuova delusione per chi sperava in una ripresa globale, i dati macroeconomici USA sono stati al di sotto delle attese e l’indice PMI flash di HSBC sulla Cina ha segnato un sconfortante 48,3 ben al di sotto dei 50 punti che ritraggono un’economia in continua crescita.

Nei cambi il dollaro americano ha reagito negativamente, sfiorando 1,38 contro l’euro, mentre è rimasto sostanzialmente tutto invariato nei mercati azionari.


Tra le principali materie prime l’oro ha oscillato intorno ai 1320 dollari l’oncia, mentre il petrolio WTI ha oltrepassato la soglia dei 103 dollari al barile, riproponendo questa correlazione delle valute più importanti che non avveniva da tempo.

I metalli hanno continuato a muoversi in un contesto di bassa volatilità, il rame è rimasto nel range 7100 - 7200, ma con una backwardation di 50 dollari sul cash 3 mesi che registra forti tensioni in particolare sulla scadenza di marzo. D’altronde le scorte LME continuano a scendere malgrado ci sia molta incertezza sulla effettiva disponibilità dei magazzini fuori dal circuito borsistico.

Lo zinco ha confermato i recenti progressi, il nickel sta sondando nuovamente l’area 14500, molto bene l’alluminio che è tornato sui 1780 per merito degli acquisti di copertura.

Milano si conferma sui massimi da oltre 2 anni e mezzo
Piazza Affari cede solo lo 0,22% del Ftse Mib a 20291 punti. Situazione di stallo per le attesa degli operatori per la formazione del nuovo governo Renzi.

Sul listino milanese indietreggiano i bancari. Banca Popolare (-2,18%) accusa il declassamento dell’agenzia di rating S&P. Mediobanca (-2,97%) ha diffuso la semestrale che non ha entusiasmato gli operatori. Unicredit (-2,97%) e Intesa (-0,77%).

Summit G20 di Sydney
Nessun target preciso, ma l’intento che il Pil dei Paesi membri riesca a crescere almeno del 2% nei prossimi 5 anni. Questo è il vero e unico obiettivo da raggiungere tra i ministri delle finanze e Governatori delle banche centrali delle 20 più grandi economie del mondo.

Al summit non si pronuncia la parola austerity, bensì si consolida un coordinamento tra le banche centrali per evitare sorprese in politica monetaria che possano mettere in difficoltà i Paesi emergenti.

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