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Settimana decisa dalla Yellen

Settimana decisa dalla YellenAprile 2016. Questa settimana è stata decisa dalle parole della Yellen, la quale ha precisato scrupolosamente che la banca centrale degli Stati Uniti starà molto attenta ad accompagnare il graduale aumento dei tassi. Questo è stato sufficiente per vedere crollare il prezzo del dollaro, con la moneta unica che ha sfiorato le soglie dell’1,15. Assistere ad una buona reazione dell’azionario con l’indice SP500 che si è riportato in area 2050. Prevalere le prese di profitto nelle commodity, anche se ci sono state delle eccezioni.



Analizzando le materie prime, l’oro si è stabilizzato attorno ai 1230 dollari l’oncia, mentre il petrolio WTI è sceso sotto i 38 dollari al barile.
Tra i metalli non ferrosi, il discreto dato del Pmi manifatturiero cinese, non è servito al rame per recuperare quota 5000, anzi è addirittura sceso fino a 4800 dollari per tonnellata, malgrado i prezzi a termine indicano tensioni sul periodo aprile - maggio. Diametralmente opposto l’andamento dell’alluminio, il metallo leggero è volato a 1540 dopo il minimo annuale a 1475 registrato solo pochi giorni fa. Riscossa anche da parte dello zinco che aperto il nuovo mese con un rimbalzo a 1850.

I titoli bancari, lusso e energetici affossano l’indice Ftse Mib della Borsa di Milano
In una settimana negativa per tutti gli indici di Borsa europei, Piazza Affari è risultata essere la peggiore chiudendo l’ottava in calo del 2,14%, scollinando ancora una volta sotto la soglia tecnica dei 18mila punti (17.776).

Sui mercati ha inciso il rafforzamento dell’euro sul dollaro, il continuo indebolimento del greggio e la paura che la Federal Reserve possa rivedere al rialzo a propria politica sui tassi d’interesse nei mercati economici.

Nell’ecatombe di Piazza Affari Banco Popolare ha perso il 16,81% risultando essere il peggior titolo dell’intero listino, nell’ottava in cui si è riunito il cda che ha dato il benestare all’aumento di capitale da un miliardo in vista della fusione con la Popolare Milano.
Mps ha lasciato l’11,65%, mentre Unicredit ha registrato un ribasso del 10,92% per sospetti di essere l’istituto garante dell’aumento di capitale da 1,75 miliardi della Popolare di Vicenza.

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