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L’immobilismo della Fed rialza l’Euro

L'immobilismo della Fed rialza l'EuroSettembre 2015. Come spesso accade le grandi attese si consumano in un niente di fatto. Proprio così è andata l’ultima riunione della Federal Reserve che ha posticipato al mese prossimo il rialzo dei tassi, un nuovo rinvio che contribuisce ad accrescere l’incertezza e a mettere a dura prova il sistema nervoso degli operatori.

L’immobilismo della Fed ha scoraggiato i mercati, ma ha anche fatto rialzare l’euro vicini ai massimi da gennaio, con lo slittamento del dollaro americano tornato in area 1,15 contro la moneta unica.



Se l’azionario è rimasto all’interno del range dell’ultima settimana, qualche riflesso positivo c’è stato sui metalli preziosi, con l’oro tornato a 1140 dollari l’oncia. Il petrolio WTI ha chiuso attorno ai 47 dollari al barile.

Volatilità in calo anche per i metalli non ferrosi, complice il fatto che il terremoto in Cile fortunatamente non ha causato gravi danni nelle miniere estrattive del rame. Rame che è riuscito a difendere l’area dei 5400 dollari ritestando il supporto a 1700 dollari per tonnellata.
Progressiva risalita dell’alluminio sempre più vicino ai 1650 dollari e un forwardation sempre più piccolo. Mediocre prova del nickel che ha continuato ad oscillare attorno ai 10000 senza mai trovare la spinta per superare la resistenza a 10300.

Lo slittamento della Fed su Piazza Affari

Il rinvio della Fed costa al listino milanese un calo dell’1,14%, così come è stato pagato caro alla maggior parte delle piazze estere. Ribasso avvertito solo dopo lo stallo sui tassi, riconducibile a diversi fattori: il rafforzamento dell’euro sul biglietto verde, le previsioni negative della Fed sullo stato dell’economia globale, in particolare della Cina e dei Paesi emergenti e il clima di nervosismo che si è creato sui mercati nella giornata di giovedì 17, alimentando incertezze sulle prossime decisioni della Fed. E’ chiaro che la Yellen non alzerà i tassi finché non rivedrà un po’ d’inflazione.

I titoli bancari hanno pagato il prezzo più alto, anche se i motivi sono diversi. Monte Paschi (-7,62%) e Carige (-6,42%) patiscono le incertezze della bad bank. Mentre le popolari accusano un rallentamento del processo di consolidamento del settore: Banco  Popolare (-5,01%), Bpm (-3,74%), Bper (-3,12%).

Le contromosse della Bce
La decisione della Federal Reserve costringe Draghi a considerare un ampliamento del “Qe”. Quindi la strategia dovrebbe essere quella di puntare ad un’ampliamento del portafoglio di obbligazioni acquistabili. Mercoledì 23 è in programma l’audizione del numero uno della Bce al Parlamento europeo, qui avremo la conferma di quali saranno le contromosse della Bce contro l’immobilismo della Fed.

L’ampliamento del “bazooka” dovrebbe essere la strategia più efficace e probabile della Bce per non vanificare tutti gli sforzi fatti fino ad oggi. Anche perché l’annuncio di un prolungamento del Quantitative easing non avrebbe senso, in quanto l’obiettivo dichiarato è quello di avvicinarsi al 2% d’inflazione, valore ancora molto lontano.

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