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Il peggior ribasso della Borsa italiana

BrexitGiugno 2016. Gli effetti della Brexit hanno avuto ripercussioni pesanti sui mercati, un giorno che passerà alla storia della cronaca finanziaria.
La bufera inizia all’alba di venerdì 24 giugno quando viene ufficializzata la vittoria dei “Si”. I primi ad essere travolti dalla tempesta sono gli indici di borsa asiatici. Tokyo perde oltre l’8%, segnando un nuovo record negativo. L’onda d’urto si allarga col passare delle ore fino ad arrivare alle Borse europee, dove si registrano maxi perdite in particolare sui titoli bancari.
Nella catastrofe generale, Londra è la più abile a limitare le perdite (-3,15%). Mentre Francoforte arretra del 6,82%, Parigi perde l'8,04%, ma l’occhio del ciclone si abbatte su Piazza Affari che registra un calo del 12,48%. Per la Borsa italiana si tratta del peggior ribasso di sempre.

Travolta da un’ondata di vendite, Piazza Affari, vede bruciare in un solo giorno 61 miliardi di euro.

Foreign Exchange
I maggiori contraccolpi arrivano dai mercati delle valute, la sterlina paga il conto più salato con un tracollo del 10%, il British Pound (GBP/USD) tocca i minimi degli ultimi 31 anni, come quando la Gran Bretagna uscì dal Sepente monetario europeo, con la sterlina che arriva fino a 1,3228 contro il dollaro americano prima di rimbalzare a 1,37. Forte flessione anche dell’euro, passato da 1,14 a 1,10 contro la divisa statunitense.

Il mercato azionario subisce forti vendite sulle piazze asiatiche ed europee, con ribassi nell’ordine del 10% nei momenti più isterici della giornata di venerdì. Mentre New York riesce a contenere i danni al 4% circa di correzione.

Tra le commodity l’oro, bene rifugio d’eccellenza, balza fino a 1359 dollari per poi terminare le contrattazioni a 1325 dollari l’oncia. Per contro, il petrolio WTI, perde poco più del 2% passando a 48 dollari al barile.

I metalli, che non provenivano da sedute degne di nota, hanno ceduto terreno, ma nell’insieme hanno retto bene l’onda d’urto. Il rame ha chiuso a 4700. Lo zinco ha ripreso quota 2000 senza particolari problemi. Il nickel si è ancorato ai 9000 dollari per tonnellata. L'alluminio ha ceduto solo l’1%.

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