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Pechino spaventa l’economia reale

Pechino spaventa l'economia realeAgosto 2015. 3.300 miliardi è il valore dei titoli bruciati dopo la svalutazione della valuta cinese. Il rallentamento della crescita del gigante asiatico e gli interventi della People Bank of China per deprezzare lo yuan mettono a rischio la crescita globale. Pechino spaventa l’economia reale aggiungendo nuove insicurezze sui principali mercati finanziari. La prima avvisaglia è stata un’impennata delle vendite delle commodities, con l’oro che è tornato a salire a 1.170 dollari l’oncia e l’argento sopra i 15 dollari.



Il clima di incertezza che si trasformando in vero panico è il tonfo del Dow Jones (-3,1%) di venerdì 21, giorno della chiusura della borsa di New York dove il principale indice è entrato in una fase di correzione portando al 10% il calo dai massimi di maggio.

La svalutazione dello yuan spaventa l’economia reale, la mossa della banca centrale è un campanello d’allarme sullo stato dell’economia del Paese del Dragone che ha evidenziato serie difficoltà sul fronte delle esportazioni. Ad alimentare sgomento è la recessione economica che coinvolge i paesi emergenti, la caduta del petrolio sotto i 40 dollari al barile per la prima volta dal 2009, assieme al crollo delle commodities, mette in ginocchio le economie di tutti quei paesi la cui sorte è legata alle ricchezze del sottosuolo. Così precipitano le divise del rublo russo, ringgit malese, peso messicano e baht indonesiano. Cosicché tutti i capitali esteri (con la liquidità pompata) giunti in massa in quest’ultimi anni dalla Bce, Fed e Bank of Japan, vengono rispediti a casa amplificando il problema. In aggiunta, a rendere tutto ancora più difficile ci pensa la Fed, non svelando la data precisa dell’aumento dei tassi d’interesse nei mercati economici Usa.

La settimana nera della Borsa di Milano
Dal 17 al 21 agosto si è consumata la peggiore ottava dall’inizio dell'anno per Piazza Affari, il Ftse Mib ha perso il 6,46% scendendo a 21.746 punti, mentre l’All Share ha lasciato il -6,25%.
Il listino milanese come tutti gli altri mercati paga la frenata della crescita dell’economia cinese. Anche se Pechino continua a crescere, i dati macroeconomici rivelano che la locomotiva asiatica sta perdendo i colpi. A questo si aggiunge l’ulteriore calo del petrolio che punta verso quota 40 dollari, la svalutazione di diverse valute e l’intricato futuro di Atene dopo le dimissioni del premier greco Alexis Tsipras.

Una vera bufera che spaventa la Borsa milanese. Per i bancari Mediobanca ha perso il 7,49%, Intesa Sanpaolo (-6,67%), Unicredit (-6,22%). Nel risparmio gestito Mediolanum è scesa dell’8,51%, Azimut (-8,25%). Tra gli assicurativi Generali ha visto il suo titolo perdere il 5,72%. Tra gli industriali Cnh1 registra un disastroso -12,95%, Finmeccanica (-7,35%), Fca (-6,93%). Tra gli energetici Eni chiude a -8,17%, Enel (-6,05%), Saipem (-4,38%). Nel lusso Luxottica (-8%), Ferragamo (-7.07%), Tod’s (-5,57%).

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